I cavi sottomarini secondo TeleGeography sono più di 520 sistemi e oltre 1.440 punti terrestri di approdo attivi o in via di costruzione. È la spina dorsale delle telecomunicazioni digitali, in particolare di quelle interne

Una struttura subacquea su cui, da una parte, passa oltre il 96% del traffico internazionale di dati e voce; e che, dall’altra, è oggetto della battaglia economico-tecnologica tra Stati Uniti e Cina, già accesa in passato: Arriva dal progetto SeMeWe 6: il cavo sottomarino che, entro il 2025, dovrà connettere Singapore a Marsiglia, passando per l’Egitto. Una commessa da 19.200 km di fibra che, secondo Submarine Cable Networks, pareva vinta dalla cinese HMN Tech. Sennonché, dall’aprile scorso è l’americana SubCom che ha iniziato la realizzazione della struttura, siccome le pressioni di Washington per estrometterlo hanno prevalso. All’interno della più ampia guerra tecnologico commerciale tra Usa e Pechino, la Casa Bianca si è fatta sentire, permettendo la vittoria di SubCom.

Nel 2020 gli Stati Uniti, attraverso la “Clean Network iniziative”, hanno vietato il collegamento diretto via cavi sottomarini tra l’America e la Cina continentale o Hong Kong. Il cavo, inizialmente, doveva congiungere Los Angeles con l’Ex colonia britannica, ma è stato bloccato da Washington per motivi di security, la banda sottomarina si è fermata nelle Filippine e Taiwan. Nello scorso Aprile due collegamenti tra l’Isola di Formosa e la più piccola Matsu (vicina alla costa Cinese) sono stati tranciati. Taiwan ha dato la colpa, pure senza avere prove evidenti, a due navi di Pechino. Le contese sulla sovranità nel Mare
Cinese Meridionale hanno indotto diversi consorzi industriali, da Apricot ad Echo, a creare un nuovo hub dei cavi nell’isola di Guam (oceano Pacifico) controllata dagli Stati Uniti.

La reazione della Cina

Lo scontro con Washinton ha acceso la voglia di evoluzione tecnologica della Cina, infatti propone anche nuove interconnessioni, come il progetto da 500 milioni di dollari chiamato Ema. Un submarine cable tra Asia ed Europa, via Medio Oriente» il cui obiettivo, evidentemente, è fare concorrenza a quelli sotto l’influenza di Washington.

Il web si divide in due

La Grande rete si spacca. Potremmo arrivare ad avere due network: uno sotto l’influenza statunitense e
l’altro a trazione cinese. Due reti le quali, da un lato, «hanno il backbone inaccessibile alla controparte; e, dall’altro, possiedono specifici, e controllabili, punti di contatto». «Decidere dove, quando e come costruire un cavo -riprende Klecha – permette di intercettare le informazioni e creare una dipendenza tecnologica». In aggiunta «i proprietari dei cables possono inserire backdoors e altri meccanismi di sorveglianza».